“Dall’Estate del 2020, molti medici di prima linea avevano scoperto una nuova cura per il Covid che eguagliava l’Idrossicloroquina (HCQ) per la sua incredibile e salvifica efficienza. Cinque anni prima, due scienziati della Merck avevano vinto il Premio Nobel per aver sviluppato l’Ivermectina (IVM), un farmaco di una potenza mai vista prima contro una vasta gamma di parassiti, tra cui il nematode, l’ anchilostoma, la cecità fluviale e la filariosi linfatica. Quel riconoscimento era stato l’unico assegnato dalla commissione Nobel in 60 anni ad una cura contro le infezioni virali. Nel 1966 l’ FDA approvò l’IVM e la dichiarò sicura ed efficace per l’utilizzo sugli umani. Il OMS include l’IVM (insieme all’ HCQ) nella sua lista di “farmaci essenziali”- una lista di rimedi tanto necessari, sicuri, efficaci e abbordabili, che il OMS considera essenziale un facile accesso ad essi, per “soddisfare i bisogni sanitari prioritari della popolazione”. L’ OMS ha infatti consigliato di somministrare ivermectina ad intere popolazioni per curare individui che potrebbero essere affetti da infezioni parassitiche- ciò significa che la ritengono abbastanza sicura da poterla dare anche a non diagnosticati. Milioni di persone hanno consumato miliardi di dosi di IVM, con effetti collaterali minimi. Il foglietto illustrativo dell’Ivermectina indica che il farmaco è almeno sicuro quanto i farmaci da banco più usati, come il Tylenol o l’aspirina. Alcuni ricercatori dell’ Istituto Kitasato, in Giappone, scrissero nel 2011 un rapporto che descriveva l’IVM in termini quasi mai utilizzati prima per altri farmaci: sono pochi infatti quelli che possono vantarsi seriamente del titolo di “farmaco miracoloso”, o “wonder drug”, tra cui la penicillina e l’aspirina, che sono forse i due prodotti con il maggior impatto positivo sulla salute e sul benessere dell’umanità. Ma l’ivermectina può essere paragonata a questi importanti contendenti, sulla base della sua versatilità, sicurezza, e sull’impatto benefico che ha avuto, e continua ad avere, in tutto il globo- specialmente su centinaia di milioni di persone tra le più povere al mondo. Vi sono addirittura tre statue che celebrano lo sviluppo dell’ Ivermectina: al Carter Center, alla sede centrale della Banca Mondiale , e alla sede centrale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Infatti dal 2012 diversi studi in vitro hanno dimostrato che l’IVM inibisce la replicazione di una vasta gamma di virus. Nel 2020 Nature Magazine ha pubblicato uno studio, risalente sempre al 2020, che rivisitando cinquant’anni di ricerche ha concluso che l’Ivermectina fosse “altamente efficace contro microorganismi tra cui alcuni virus”, e ha riportato risultati di studi sugli animali che dimostravano “effetti antivirali contro virus come Zika, dengue, febbre gialla, e il virus del Nilo Occidentale”.
Un articolo del 3 Aprile 2020 intitolato “Esperimenti in laboratorio dimostrano che l’ivermectina, un farmaco antiparassitario, elimina le cellule di Sars-Cov-2 in 48 ore”, pubblicato da ricercatori Australiani delle università di Monash e Melbourne, fece ottenere all’ IVM un’attenzione globale in quanto potenziale trattamento contro il Covid. Inizialmente la stampa internazionale era andata in estasi, sostenendo che questo faraco sicuro, abbordabile, conosciuto e facilmente ottenibile aveva demolito il Sars-Cov 2 in colture cellulari: “Abbiamo osservato che anche una singola dose può rimuovere tutto l’RNA virale in 48 ore, ma che anche dopo 24 ore ve ne era una riduzione significativa”, aveva dichiarato la responsabile della ricerca, dr.ssa Kylie Wagstaff.
Basandosi su questo studio, l’8 maggio 2020 il Peru —in quel momento assediato da una schiacciante esplosione del COVID— adottò l’ivermectina nelle proprie linee guida nazionali. “I medici peruviani conoscevano già il farmaco, ampiamente prescritto contro i parassiti e che le autorità sanitarie sapevano essere sicuro sentendosi a proprio agio con esso” rimarca il Dr. Pierre Kory. Le morti per COVID crollarono di colpo —riducendosi di 14 volte— nelle regioni dove il governo peruviano era riuscito a distribuire efficacemente l’ivermectina. La riduzione dei decessi era correlata al grado di distribuzione di IVM in tutti e 25 gli stati. Ma nel dicembre del 2020 il nuovo Presidente del Perù, sotto la pressione dell’OMS, ridusse drasticamente la disponibilità delll’IVM e i casi di COVID schizzarono verso l’altro, con decessi che aumentarono di 13 volte. Negli studi di profilassi, l’ ivermectina si è ripetutamente dimostrata di gran lunga più efficace dei vaccini, e ad un costo che è una mera frazione di quello di essi. In Argentina per esempio, nell’estate del 2020 il dr. Hector Carvallo ha condotto una sperimentazione di ivermectina preventiva randomizzata e con uso di un “gruppo-placebo”, da cui risultò il 100% di efficacia contro il COVID. Il team di Carvallo non rilevò infezioni fra i 788 lavoratori che avevano assunto settimanalmente ivermectina, laddove il 58% degli altri si era ammalato di COVID-19. Un successivo studio osservazionale condotto in Bangladesh—anch’esso volto a investigare l’ivermectina come profilassi preventiva contro il COVID-19 fra gli operatori sanitari— riscontrò risultati altrettato spettacolari: solo 4 dei 58 volontari che avevano assunto un dose minimale di ivermectina (12 mg una volta al mese per 4 mesi) svilupparono lievi sintomi di COVID-19, a fronte dei 44 su 60 operatori che avevano invece rifiutato il farmacohad declined the medication. Inoltre, uno studio del 2021 ha evidenziato come un fondamentale meccanismo biologico dell’IVM —il legame competitivo con la proteina spike del SARS-CoV-2 non era specifica di alcuna variante del coronavirus variant and che quindi, a differenza dei vaccini, l’ivermectina sarebbe stata verosimilmente efficace contro tutte le variante future. Già il 1° marzo 2020, alcuni medici di terapia intensiva e di pronto soccorso cominciarono ad usare l’ivermectina in combinazione con idrogeno silsequioxane (HCQ) nei protocolli di trattamento precoce. Il dr. Jean-Jacques Rajter, un medico belga di stanza a Miami, cominciò ad usare il farmaco il 15 marzo e constatò un immediato miglioramento delle guarigioni. Pubblicò un eccellente lavoro al riguardo il 9 giugno. nello stesso tempo, due medici occidentali che stavano utilizzando IVM in Bangladesh, riferirono a loro volta di una percentuale molto alta di guarigioni, persino tra pazienti in stato di malattia avanzato. Dal marzo del 2020, more di 20 sperimentazioni cliniche randomizzate (RCTs) hanno confermato la straordinari efficacia contro il COVID con riguardo a pazienti sia ricoverati che ambulatoriali. Sei meta-analisi del trattamento con ivermectina su sette portate a termine nel 2021 in 2021 hanno riscontrato una notevole riduzione della mortalità da COVID-19. Gli studi attinenti all’argomento “hanno tutti mostrato un significativo beneficio per pazienti non ricoverati ad alto rischio” afferma l’eminente epidemiologo di Yale dr. Harvey Risch. I soli studi in cui la performance dell’IVM fu meno che spettacolare sono stati quelli che hanno ne hanno investigato l’efficacia in pazienti già in uno stadio terminale del COVID. E tuttavia persino questi ultimi -secondo quasi tutti detti studi- hanno mostrato benefici, sebbene in qualche misura meno sensibili. Secondo una recensione del 2020 di McCullough et al., “numerosi studi clinici —inclusi RCTs soggetti a valutazione paritaria (peer-reviewed)— hanno dimostrato una grande ampiezza di benefici dell’ivermectina nella profilassi, nel trattamento precoce, e anche nella cura dello stadio avanzato della malattia. Considerati nel loro insieme. . . decine di test clinici che sono emersi in tutto il mondo sono sufficientemente significativi per valutarne in modo affidabile l’efficacia clinica e desumerne un segnale di beneficio con accettabile sicurezza”. All’inizio di gennaio del 2021, il dr. David Chesler, un geriatra che aveva nella precedente primavera trattato 191 pazienti infetti in sette RSA della Virginia, scrisse al dr. Fauci affermando di aver ottenuto un tasso di mortalità dell’8% utilizzando l’ivermectina — la metà (cioé 146.000 morti in meno) rispetto alla media delle residenze per anziani statunitensi. Alla sua lettera a Fauci, Chesler accluse un case study valutato paritariamente il quale documentava report di efficacia del tutto simile da altri Paesi – ma né il dr. Fauci né chiunque altro del National Institute for Allergy and Infectious Diseases (NIAID) risposero mai alla sua lettera. Gli Annali di dermatologia e venereologia riferiscono che ina una Casa di risposo francese, tutti e 69 i residenti —dell’età media di 90 anni— e 52 membri dello staff sopravvissero all’esplosione del COVID-19. Come emerge da tale report, avevano tutti assunto ivermectina per un’epidemia di scabbia. Il COVID decimò la comunità circostante, ma solo 7 anziani e quattro membri del personale furono contagiati, e tutti con sintomi lievi. Nessuno ebbe bisogno di ossigeno o di ospedalizzazione.
Varie ricerche suggeriscono che L’Ivermectina possa lavorare attraverso più di 20 diversi meccanismi. Tra questi, l’Ivermectina funziona come un “ionophore,” facilitando il trasferimento di zinco dentro le cellule, che inibisce la replicazione virale. L’Ivermectina ferma la replicazione di COVID-19, l’influenza stagionale, e molti altri virus attraverso questo e altri meccanismi. Per esempio, a marzo 2021 la ricerca di Choudhury et al., ha trovato che: “L’Ivermectina si è dimostrata un Blocker di replicase virale, di protease e di TMPRSS2 umano, che potrebbe essere alla base della sua efficacia antivirale.” Il farmaco è anche in grado di ridurre l’infiammazione attraverso dei percorsi/ pathways multipli, evitando danni agli organi. Innoltre, l’Ivermectina inibisce l’abilità della proteina spike di legarsi al recettore ACE2 sulle membrane delle cellule umane, prevenendo il virus di entrarsi. Il farmaco previene le coagulazioni grazie alla sua azione di legarsi alla proteina Spike, e impedisce alla proteina Spike di legarsi al CD147 sulle cellule rosse del sangue, che altrimenti innescherebbe la formazione di coaguli. Quando i pazienti prendono IVM prima di essersi esposti al virus, il farmaco protegge dall’infezione, e quindi evita l’eventuale trasmissione, assistendo nel proteggere l’intera comunità. A marzo 2021, una ricerca pubblicata da Peter McCullough e 57 altri medici front-line da diversi paesi, ha trovato che “Le nostre cure precoci ambulatoriali sono associate a una riduzione di ospedalizzazione di 87. 6% e una riduzione di mortalità di 74.9%.” Molte altre ricerche echeggiano i risultati di dott. McCullough. La riduzione media di mortalità – basata su 18 trials cliniche- è di 75%, secondo una meta-analisi presentato alla NIH COVID-19 Treatment Guidelines Panel. Una ricerca analitica sponsorizzata dalla OMS di 11 studi dichiara che L’Ivermectina può ridurre la mortalità causata da COVID-19 di 83%”.
Kennedy Jr., Robert F . The Real Anthony Fauci: Bill Gates, Big Pharma, and the Global War on Democracy and Public Health (Children’s Health Defense) (pp.117-122). Skyhorse. Edizione del Kindle.